mercoledì 23 ottobre 2013

Spazio| Atlantis| 23.50 pm


Registrazione vocale attiva.

Loading…


Non ho una penna e non ho un foglio.
Credo di averli perduti insieme alla mia dignità, tanto per cambiare.
Geremia Parker, a questo punto, sorriderebbe d’amarezza e scuoterebbe il capo con rassegnazione, abbandonandomi al mio destino –come del resto, è accaduto-.
Eseguo questa registrazione vocale su un cortex pad a frequenza criptata, nella speranza che un giorno qualcuno possa ascoltarlo.
Anzi, a dire il vero lo faccio per me.
Inizio a gradire come mai la mia compagnia.
Saranno passate settimane… se non mesi. Sono tenuta prigioniera da una banda di pirati Spaziali capitanata da un certo Joe Black. Credo sia l’unico nome che conosco, insieme a quello di Chayo.. Petra, o come diavolo intende farsi chiamare.
Ah… e un certo “M.”, un operaio della sala macchine come me.
Come sono arrivata qui?
E’ una buffa storia, ma non credo di avere il tempo e nemmeno la voglia di raccontarla.
Succede quando capita di incontrare le persone sbagliate, nei momenti sbagliati. Succede quando sei tu, la persona sbagliata. Sempre.
Succede quando quelli come me smettono di far funzionare il cervello e iniziano a pensare con le ovaie.
Succede, insomma.

Alcuni si stupiscono del mio atteggiamento stoico difronte a questi accadimenti. Alcuni si chiedono come faccia a mantenere la calma anche difronte alla canna di una pistola puntata dritta in mezzo agli occhi.
A queste persone vorrei dire soltanto una cosa: provate voi a temere di perdere la vostra vita, quando la vostra vita non è niente. Niente. Un cumulo di aspettative distrutte. Un accumulo di debiti con la sorte. Un accumulo di buoni propositi puntualmente gettati nel cesso.
Provate voi, a temere qualcosa, quando sapete che il peggio che può capitarvi è di ritrovarvi finalmente in pace con voi stessi, in un luogo lontano, tre metri sotto terra e cibo per vermi, in un Aldilà in cui non riesco nemmeno a credere.
Provate voi a credere in qualcosa, quando non siete capaci di credere nemmeno in quello che siete e che valete.
Provate voi a temere la morte quando pensate di fare un favore a qualcuno, se vi toglieste dai piedi.
Provate voi ad avere coraggio, quando non c’è niente per cui valga la pena combattere.
Provateci. E capirete, allora, perché non me ne importa niente d’essere su questa nave di merda, circondata da gente di merda, che se sapesse quanto e quali tesori potrebbe ottenere, venderebbe cara la mia pelle. E la loro.
Capirete perché non m’importa se l’unica persona che potevo dire mia amica, mi ha abbandonata nel momento in cui più ne avevo bisogno, spingendomi addosso sguardi che non mi sarei potuta aspettare nemmeno dal peggio sconosciuto.
Capirete perché non mi stupisco. D’altronde si fa presto a dirsi “amici” quando non c’è niente da mettere in gioco, per quell’amicizia.
No? Utopie. Stronzate.
Qui non ci sono Santi e non si fanno i miracoli.
Lo diceva pure quel bastardo di Geremia Parker: “Se devi credere in qualcosa, Abigail, beh… fa almeno che quel qualcosa sia quotato in borsa”.

Capirete… quando ogni passo mosso nel desiderio di compiacere qualcuno, è un passo più vicino all’annichilimento personale. Quando ogni sforzo è nullo, vano, il semplice riavvolgersi di un nastro che ormai conosco fin troppo bene. Un copione che leggo e rileggo da anni, sulle labbra di chiunque incroci il mio sguardo.

Capirete perché mi chiedo, tutt’ora, alla luce di questo, per quale fottutissimo motivo dovrei alzare la voce? Dibattermi o ribellarmi. Discutere o incazzarmi. Piangere o indignarmi.
A quale, diabolico ed inutile scopo?

Capirete, perché nonostante questo, continuo imperterrita a farlo.
Con l’ultimo sputo di speranza e sangue nelle vene.
Come l’ultimo, merdoso, lucidissimo, logico –tristemente eppure valorosamente solo- sopravvissuto del mondo.

<Un ronzio. Poi, il silenzio.>

Nessun commento:

Posta un commento